Il tema della mostra si concentra sull’analisi antropologica della donna guatemalteca giocando sul binomio “Stato interessante – stato interessante”. L’espressione eufemistica che riguarda lo “stato interessante” è, in molte lingue, per lo più riferito alla donna gestante, alla nuova vita. Al contrario, nei tempi attuali, in tutto il mondo, si registrano numerose azioni di violenza sulle donne, che configurano la negazione dell’esistenza. In tal senso il Guatemala appare uno Stato “interessante” per la sussistenza del fenomeno e la volontà governativa di risolverlo. La cultura machista trae radici dalla storia coloniale del continente latino americano laddove le gerarchie patriarcali ancestrali furono accentuate dal colonialismo; questo perché gli uomini indigeni, a differenza delle donne, si trovavano ad essere sempre gli unici interlocutori dei nuovi dominatori. A tale situazione storica va ad aggiungersi, grazie ad una analisi strutturalista, la difficoltà di accedere ad un sistema giudiziale efficace verso reati di maltrattamenti e violenza e la mancanza di una presa di coscienza collettiva del problema. Il Padiglione Nazionale Guatemala intende promuovere un’arte in cui l’estetica sia parallela ad un messaggio universale di sensibilizzazione. Se i ritratti femminili della scultrice guatemalteca Elsie Wunderlich prendono forma da una rigogliosa natura basata sull’identificazione Madre-Terra, celebrando quindi un ritorno al Matriarcato, al contempo, le medesime sembianze umane appaiono sfregiate da cicatrici e ferite; l’artista denuncia così lo stato attuale della mujer, vittima di soprusi. Marco Manzo, artista italiano vissuto in Guatemala, propone El muro del silencio installazione che si compone di mani scultoree femminili e maschili che fuoriescono da un monumentale muro di legno e riportano incisi sul palmo o sul dorso dell’arto quei simboli della cultura guatemalteca frammisti a nuovi motivi di Stile Ornamentale. Anche in tal caso il muro simboleggia la spessa barriera dell’omertà in un gioco di contrasto e resistenza, tra la vittima e il carnefice. A livello latente esiste un significato intimo alla materia impiegata per ogni opera: così come la psicologia della vittima crea illusioni e parvenze con la convinzione di colpevolezza, allo stesso modo la sostanza dell’opera si crede diversa, il bronzo dipinto di bianco intende evocare il marmo; il legno finge d’essere cartongesso. La materia rinuncia alla sua identità travisandosi e dissimulando il “sé” cosi come la donna rifiuta inconsciamente la propria condizione di vittima compartecipando incolpevolmente al gesto di sopruso.
Stefania Pieralice
(tratto dal Catalogo Internazionale)